lunedì 25 giugno 2012

Indifferenza e consapevolezza

La mente umana crea degli impedimenti alla consapevolezza: perché?
Poiché senza identificarsi nei ruoli creati dalla mente stessa, diventerebbe solo quello che in realtà è: un mero strumento nelle mani umane, come lo stesso corpo.
Uno degli impedimenti peggiori è l’indifferenza. Può essere conscia o no ma sempre molto subdola.
Quando ci viene comodo “ignorare” entra in funzione questo meccanismo automatico: la nostra mente esclude quello che non vogliamo sapere o affrontare e quindi non esiste più…
Chi di noi può dire con assoluta certezza: io sono il corpo, io sono la mente?
Ora che sappiamo chi non siamo, qual è il passo successivo?
Io chi sono? Who am i?

Satyam

giovedì 21 giugno 2012

L'olocausto animale


L'amore resiste anche in un turbinio di odio e indifferenza: è come se avesse una sostanza che non è di questo mondo... e forse un po' è vero!  Di quello che pensiamo di essere ora rimarrà solo l'amore.
Questo è il vero motivo per cui sono vegetariano.
E' una grande rivoluzione, che parte da noi stessi e può cambiare noi stessi ed il mondo.
Satyam

domenica 17 giugno 2012

Area di comfort

Spesso ci perdiamo la magia e il mistero del presente, ovvero della vita perche la paura ci opprime e ci costringe a non uscire dalla nostra area di comfort.
Purtroppo non siamo consapevoli del fatto che questo comfort è solo un illusione dettata dai condizionamenti mentali.
Basta un minimo di coraggio per provare ad essere liberi, totali verso l'esistenza.
Somewhere over the rainbow...
Satyam

giovedì 7 giugno 2012

Facciamo luce su ENEL

https://fornitori-luce.it/curiosita/facciamo-luce-su-enel/

Facciamo luce su Enel, la campagna di Greenpeace

Era il 2012 quando particolare notizia fece una campagna di Greenpeace contro Enel, tutta incentrata sul tema del carbone: la sua produzione, l’impatto climatico, i relativi effetti sull’ambiente. Ad oggi di questa campagna si ricorda poco anche perché il sito che vi era dedicato, facciamolucesuenel.org non è raggiungibile, lasciando a noi – dopo un attento studio degli archivi online disponibili – il compito di raccontare brevemente cosa successe.
Sommario:

I due contendenti

Due mondi fortemente distanti quali sono quelli di Greenpeace e quello di Enel hanno spesso trovato dei disaccordi su temi ambientali, sfociati – soprattutto negli ultimi anni – in guerre a carte bollate tra i due colossi. Non può quindi stupire che in un decennio così delicato, nel quale i cambiamenti climatici sono tra i temi più dibattuti a livello mondiale, i due contendenti si siano trovati avversari in diverse circostanze attinenti. Prima di approfondire la vicenda relativa a Facciamo Luce su Enel cerchiamo, con un breve incipit, di spiegare chi sono i due soggetti interessati.

Greenpace: l’ambiente al primo posto

Greenpeace è una delle aziende non governative ambientaliste più conosciute al mondo. Fondata nel 1971 negli Stati Uniti, a Vancouver, conta attualmente più di 41 sedi in tutto il mondo mantenendo tuttavia il suo baricentro principale ad Amsterdam. Si tratta di uno degli enti più combattivi sui fronti ambientali; per portare avanti le proprie battaglie e raggiungere i propri scopi ha ricevuto, negli anni, sovvenzioni da donatori e fondazioni no profit di tutto il mondo rifiutando, però, quelle provenienti da aziende private, grandi investitori e governi. Questo per mantenere un profilo di indipendenza totale che ne ha permesso il follow-up a numerose sfide per la salvaguardia del pianeta. Tra queste, alcune particolarmente note al giorno d’oggi sono:
  • la lotta al riscaldamento globale e contro il climate change;
  • la lotta contro la pesca a strascico;
  • l’alta attenzione nei confronti dello sviluppo dell’ingegneria genetica.

Enel, il colosso dell’energia italiana

Su di Enel abbiamo parlato molto spesso, tra le righe di questo blog. Si tratta di uno dei più importanti player di energia elettrica nel mercato italiano, un’azienda il cui nome viene spesso automaticamente associato alla figura della bolletta e a tutto ciò che ne consegue. Allo stato attuale è il primo produttore di energia elettrica in Italia; istituita nel 1962 con il nome di Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (di qui l’acronimo) è uno dei più importanti attori nella filiera italica.
Con la liberalizzazione – e la conseguente perdita del monopolio – si stima che comunque la sua quota nel mercato rimarrà particolarmente alta, grazie a un processo che vede sommarsi una tecnologizzazione dei processi (e dei rapporti con l’utente), la cospicua presenza nel mercato della distribuzione (leggi per saperne di più su e-Distribuzione) e le strategie internazionali con altri giganti, come Endesa.

La campagna e la sua eco mediatica

«Se stai leggendo questa sezione è perché in Italia c’è chi ha un grande impatto sul clima, con le sue emissioni, ma rifiuta di prendersi carico delle proprie responsabilità. Questo qualcuno è l’ENEL, che invece di investire per far decollare le fonti rinnovabili preferisce usare ancora il carbone, la fonte energetica più nociva per il clima e la salute umana».
Recitava così l’incipit della pagina di Greenpeace in cui si parlava di Facciamo Luce su Enel, la campagna anti-carbone promossa dalla nota ONG sulla base dei propri studi. Dal proprio sito web, Greenpeace lanciava un potentissimo j’accuse:
«Il 72 per cento dell’elettricità prodotta in Italia con il carbone è fatta da ENEL; che con questo combustibile fossile produce il 41 per cento del prodotto nazionale. Greenpeace denuncia da anni questo stato delle cose, ancor più grave se si tiene conto che ENEL ha ancora oggi una forte partecipazione statale, che dovrebbe renderla partecipe dello sforzo di lotta al riscaldamento globale e di modernizzazione del settore energetico. A partire dal 2006, Greenpeace ha contrastato la scelta a favore del carbone dell’azienda elettrica, con azioni e campagne culminate – nel 2012 – nella campagna “Facciamo Luce Su ENEL”».
La campagna, basata su delle tesi sostanzialmente molto forti, ricevette un ulteriore boost da un cortometraggio (con regia di Mimmo Calopresti e che fu presentato al Festival del Cinema di Roma) dal nome inequivocabile: Uno al giorno. Tale nome faceva riferimento agli effetti che l’organizzazione dimostrava procurasse la produzione di carbone a livello ambientale, con una conseguente morte quotidiana e danni di quasi 2 miliardi di euro annui. A tale corto si aggiunsero numerose manifestazioni pacifiche che l’azienda organizzò presso numerosi impianti di produzione del gigante dell’energia: una delle più note fu quella – di qualche anno prima, 2006 – tenuta presso Porto Tolle e che diede inizio a un lungo iter giudiziario conclusosi nel 2014.

Greenpeace ed Enel a giudizio

Uno al giorno ottenne un prevedibile e discreto scalpore. Una conseguenza tangibile fu quella di portare, nuovamente, in tribunale Greenpeace ed Enel: il colosso dell’energia sporse denuncia contro ignoti portando la ONG davanti a un giudice. Ma alla fine tutta la base della campagna di Greenpeace fu costituita sul rinvio a giudizio di Enel. Tra le proprie tesi accusatorie Greenpeace – incalzando Enel – ricordava:
  • Emissioni di CO2: Greenpeace accusava Enel di esserne il primo emissore in Italia nonché il quarto in Europa, notando una scia in controtendenza nei confronti dell’andamento generale;
  • Danni ambientali da carbone, provocanti morti per il famoso numero di Uno al giorno;
  • Danni economici annui pari a quasi 1,8 miliardi di euro per l’Italia e 4,3 per l’Europa intera;
  • Ulteriore sviluppo di piani da carbone, quali erano quelli, all’epoca, di Porto Tolle e Rossano Calabro.
Il quadro fu durissimo e i toni utilizzati da Greenpeace durante la propria campagna decisamente forti. Questo portò a uno scontro di alta entità nel corso del quale la ONG richiese, quali provvedimenti da tenere:
  • taglio del 50% del consumo di carbone della produzione elettrica da carbone entro il 2020 fino a raggiungerne l’eliminazione totale nel 2030 e con una concomitante sostituzione con fonti rinnovabili;
  • ritiro immediato dei progetti di Porto Tolle e Rossano Calabro e riconversione degli stessi.
Dal suo punto di vista, Enel cominciò a denunciare le campagne di comunicazione di Greenpeace in quanto ritenute diffamatorie, chiedendo l’oscuramento del sito inerente Facciamo Luce su Enel e dei materiali informativi della campagna. Quest’ultima parte fu tuttavia vinta da Greenpeace, cui i giudici milanesi diedero ragione portando a sostegno l’articolo 21 della Costituzione sul primato della libertà di manifestazione del pensiero.

Carte bollate e conclusioni

Sebbene il diritto di critica fu ritenuto inviolabile è chiaro che i problemi tra aziende di questo tipo rischiano di reiterarsi e, campagne come quella di Greenpeace, hanno da questo punto di vista fatto scuola.
Negli anni tuttavia, dei momenti di avvicinamento ci sono stati: nel 2015 – tre anni dopo Facciamo Luce su Enel – il colosso dell’energia ritirò formalmente il progetto di costruzione della centrale di Porto Tolle e fu lo stesso Amministratore Delegato, Francesco Starace, a spiegare il cambiamento di rotta del business Enel a un seminario di Greenpeace ad Amsterdam. Fu infatti ritenuto importante puntare su un nuovo mix con impianti rinnovabili, con una mossa che fu ritenuta soddisfacente dal Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia.
P.S. Al di là di come la si possa pensare, questo è chiaramente un pezzo che non prende le parti di nessuno degli attori in causa, provando bensì a fornire un riepilogo di quel tipo di campagna e di come siano stati utilizzati i nuovi media – nello specifico, i video online – per poter combattere per un obiettivo in ambito energetico.
Per conoscere di più, sul sito di Greenpeace è ancora attiva una parte relativa questa campagna. Si può trovare qui: http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/Salviamo-il-clima/Enel–carbone-un-legame-pericoloso/


lunedì 14 maggio 2012

La cucina di Angelina

RICETTE VEG(ETARI)ANE CON AMORE... Questa sera una ricetta semplice semplice, ma gustosa e veloce. "Tagliolini verdi al ragù di noci"
Ingredienti per due persone:
160 gr di tagliolini agli spinaci, 6 noci, 8 pomodori datterini (o pachino),4 pomodori secchi, uno spicchio d'aglio piccolo, una manciata di prezzemolo, olio extravergine di oliva quanto basta, una manciata di origano,una manciata di pinoli, gomasio quanto basta, eventualmente anche un pizzico di sale, una spolverata di pepe nero.
Preparazione:
Tritare finemente aglio e prezzemolo, tagliare in quattro parti ciascuno i pomodori datterini (o pachino) e mettere il tutto a rosolare con un po' di olio extravergine di oliva in una padella abbastanza ampia. Tritare intanto le noci e i pomodori secchi insieme (il trito deve essere grossolano). Quando i pomodori datterini (o pachino) sono abbastanza rosolati, unire il trito di noci e pomodori secchi in padella, insieme alla manciata di pinoli e di origano, salare il tutto con gomasio e, se non fosse sufficientemente salato (sempre meglio assaggiare), aggiungere un po' di sale quanto basta. Spolverare infine con un po' di pepe nero macinato. Cuocere la pasta e, a cottura ultimata, versarla nella padella dove sarà ammalgamata con tutto il condimento.
Tempi di preparazione: 30 minuti circa

Tempi di consumazione: un minuto :-)

giovedì 8 marzo 2012

Festa ?

Le feste sono solo la conferma che la nostra vita è inconsapevole. Ogni secondo è da celebrare con gioia per la totalità dei doni ricevuti. Creare queste feste serve per distogliere la nostra attenzione al fatto che non stiamo affatto vivendo, bensì siamo solo produttori di denaro per gli altri.
Satyam

lunedì 28 novembre 2011

domenica 23 ottobre 2011

Reiki

Domenica 16 ottobre ho avuto il dono dalla mia Reiki Master del primo livello di Reiki. E' stata una esperienza toccante e molto profonda che rappresenta solo un inizio: tramite la pratica del dare e ricevere questa "energia" si ha non solo un beneficio psico-fisico ma un aiuto a quell'evoluzione spirituale di cui tutti noi nel profondo, abbiamo bisogno. Proprio da questa esperienza del dare e ricevere ho già avuto alcuni segnali di "apertura". C'è poco di teorico in questo fantastico mondo, è tutta ESPERIENZA e l'emozione ad ogni trattamento o autotrattamento è sempre nuova e profonda! E' come risvegliarsi ulteriormente dal quel sonno che offusca il nostro cuore e libera la mente dall'incessante pensiero convulsivo e inconsapevole. Si viaggia ogni giorno verso nuovi livelli di consapevolezza...ma in modo morbido e naturale, con il sorriso le mani e soprattutto un grande cuore! Grazie Flavia per il dono che mi hai dato. Satyam
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Da wikipedia: l Reiki, secondo i suoi sostenitori, è una pratica spirituale usata come forma terapeutica alternativa per il trattamento di malanni fisici, emozionali e mentali. Secondo la tradizione fu Mikao Usui, nato in Giappone nel 1865, a sviluppare la pratica del Reiki affermando di avere ricevuto l'abilità di curare dopo tre settimane di digiuno e meditazione sul Monte Kurama. I praticanti di Reiki usano infatti un tecnica analoga alla "imposizione delle mani", che, affermano, canalizza le energie terapeutiche (ki). Gli insegnamenti del Reiki affermano che c'è una energia vitale universale, (Rei)[ accessibile ai praticanti per indurre effetti curativi. Viene affermato dai praticanti di Reiki che ognuno di noi può acquisire la capacità di accedere a questa energia (iniziazione). Tutti, in pratica, possono essere iniziati al Reiki. La credenza di base è che l'energia scorrerà attraverso le mani del praticante. Alcuni insegnanti sottolineano l'importanza dell'intenzione (di sanare le ferite) del praticante in questo processo mentre altri affermano che l'energia è estratta dalla ferita del ricevente al fine di attivare il processo di guarigione. Andando oltre, la credenza fondamentale vuole che il Reiki sia un'energia intelligente che rende la diagnosi di un male non necessaria. Un secondo livello di insegnamento Reiki, che include un'ulteriore iniziazione, serve ad equipaggiare il praticante dei mezzi per "curare" a distanza. Questo metodo, dichiarano i sostenitori del Reiki, prevede l'uso di speciali simboli per creare una connessione temporanea tra il praticante ed il ricevente, a prescindere dalla ubicazione dei due soggetti, al fine di inviare l'energia Reiki. Si afferma inoltre che il Reiki non è vincolato a uno specifico punto nel tempo, ma può essere inviato nel passato o nel futuro. L'energia impiegata nelle terapie Reiki si dice discenda dall'Universo piuttosto che da energia personale del praticante e per questo è inesauribile (alcuni insegnamenti affermano che l'energia entrerebbe nel praticante attraverso un chakra per poi defluire attraverso le mani). Come conseguenza di questo, viene insegnato ai praticanti il Reiki che essi possono curare se stessi attraverso il Reiki. Il Reiki è altresì usato dai praticanti come medicina preventiva poiché, si afferma, l'energia stimola la cura prima ancora che ci sia un evidente sintomo del male. Altra conseguenza della semplicità del Reiki è che esso può essere insegnato ai bambini. Alcuni insegnanti affermano che, in taluni livelli, se il ricevente non vuole essere curato, l'energia non scorrerà. Gli aderenti descrivono il Reiki come una terapia olistica che cura malesseri fisici, mentali, emozionali e spirituali. Si afferma poi che la guarigione può interessare parte o tutti questi aspetti in un singolo trattamento senza alcuna necessità conscia di direzionare l'energia sia da parte del praticante sia da parte del ricevente. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

giovedì 15 settembre 2011

Testamento

Chi scriverebbe mai un testamento a 40 anni e descriverebbe il suo funerale? Io! La morte non è la fine...è molto di più, è il culmine della vita, ma solo se la vita è stata VISSUTA. Non vorrei mai un funerale di quelli "classici"...MAI in chiesa perchè NON sono cattolico nè cristiano anche se amo profondamente Gesù. Niente sociètà di pompe funebri, niente assurdi fiori recisi... Vorrei fossero presenti (se non hanno altri impegni) le persone che sono nel mio cuore e spero sia altrettanto per loro. In quella riunione vorrei fosse allietatato il clima con una bella musica allegra, oppure rilassante, possibilmente in un posto all'aperto e immerso nella natura, colmo di quelle energie misteriose che cogliamo a volte guardando la bellezza. Mi piacerebbe fosse l'occasione per parlare di qualcosa di bello avvenuto nel passato, conversando con piacere di fronte a qualcosa di buono da mangiare e da bere ( ovviamente vegan!)... Poi qualcuno potrebbe parlare a tutti esprimendo i suoi sentimenti e magari leggendo qualcosa per innalzare i cuori a tutti ed avvicinarsi al divino. Poi qualcuno potrà prendere le ceneri di quello che era il mio corpo e spargerle in un luogo bellissimo e pieno di energia in mezzo alla natura...per ricongiungersi al tutto. Queste sono le mie volontà. 15 settembre 2011 Namastè.
Alessandro Orlandi

venerdì 5 agosto 2011

La preghiera

La celebrazione è la mia preghiera: è uno spontaneo moto di tutto il corpo, tutta la mente, i sensi e l'anima... Satyam


giovedì 4 agosto 2011

Effetti delle paure sulla situazione di vita


Cosa ci perdiamo in ogni momento in cui la nostra paura affiora e ci impedisce di agire, ascoltare, pensare e soprattutto sentire, essere presenti, consapevoli e gioire del fluire?
Da cosa nascono queste paure?
Anche l'ego ha le sue difese: se vivessimo buttandoci a capofitto nell'ignoto della vita ed accogliendo con l'accettazione quello che il presente ci propone l'ego si scioglierebbe come una medusa al sole.
L'ego è questo falso senso del se creato da migliaia di condizionamenti della mente, dall'inconsco, dall'esterno, dalla repressione delle emozioni incontrollate che dal corpo risalgono alla mente. L'ego ha un suo senso di sopravvivenza e quindi si alimenta di paura, di problemi da risolvere, quasi sempre inesistenti, di conflitti verso l'esterno, verso l'ego degli altri...
Le pauree bloccano la gioia di vivere , delle piccole cose quotidiane, la meraviglia nell'osservare il miracolo dell'esistenza in tutto ciò che ci circonda e spesso ignoriamo, perchè siamo tutti presi dalla miriade di pensieri compulsivi e soprattutto inconsapevoli.
Diciamo continuamente NO a cosa? La paura rende negativa la nostra sistuazione di vita:
alcuni esempi?
è non sdraiarsi a mirar le stelle
evitare il bagno quando l'acqua è fredda
non passare quella porta: cosa c'è?
non seguire il cuore anche se sai che è giusto...
lottare solo per comodità e soldi
non decidere della tua vita, ma far decidere ad altri
seminare sguardi vuoti per non sprecare tempo
blindarsi dietro paraventi di costruzioni astruse della mente
io non sono adatto a questo!
Non ce la posso fare!
Non sono degno di tale riconoscimenti!
Non potrò mai sopportare...
Nessuno mi vuole: ma tu vuoi qualcuno?
Nessuno mi ama: ma tu ami qualcuno?
Fuggire dall'incomrensibile e rintanarsi nelle comode credenze...
Tu non sei come io pensavo!! Ti sei rivelato molto peggio e mi hai deluso!! Non sei più mio amico!

domenica 31 luglio 2011

Amare




Il nuoto si conosce solo nuotando, l'amore si conosce solo amando, la preghiera si conosce solo pregando. Non esiste altro modo. Le cose che si possono conoscere senza immergervisi sono futili, cose intellettuali: filosofie, dogmi, credenze; ma tutto ciò che è reale deve essere vissuto, tutto ciò che è esistenziale dev'essere penetrato ed occorre rischiare. Si deve avere coraggio , si deve osare e osare molto, perchè quando ami qualcuno inizi a perdere te stesso. Amare qualcuno significa perdere l'ego, amare significa perdersi, amare significa darsi ad un altra persona, darle potere; amare significa essere posseduti. Amare significa arrendersi.
Osho da "Abc del risveglio" Mondadori

venerdì 29 luglio 2011

MedMob Incontro internazionale di Meditazione Genova e altre 108 città nel mondo 28 luglio 2011




Credo sia iniziato qualcosa che va oltre le nostre aspettative, oltre i nostri pensieri e quello che possiamo pensare o programmare. L'unione dei cuori porta una vibrazione superiore e questa vibrazione energetica è contagiosa, quindi tutto il mondo la deve conoscere...Cominciamo così a lavorare per questa umanità.


è stata una bellissima esperienza, Grazie a tutti!!

giovedì 21 luglio 2011

Religioni

Le religioni sono solo false credenze, quando hai smesso di cercare e credi è solo un'illusione. Queste pseudo religioni sono solo un velo davanti ai tuoi occhi, i tuoi sensi, il tuo sentire, il tuo cuore... L'unico modo per entrare nella religiosità della vita che io conosco è Essere Presente: Sat Chit Ananda : Consapevolezza, verità e beatitudine. L'essenza divina è un'esperienza. Quando ne fai parte sei amore ed il se non è più, l'ego si scioglie nell'amore divino. Satyam

sabato 16 luglio 2011

Libertà


è solo una parola ma se pensiamo alla nostra vita... quante cose ci vengono in mente!
Osho in un famoso discorso diceva "libertà da cosa e libertà per che cosa" facendo intendere che una volta "conquistata" questa grande condizione il nostro Essere deve trovarsi pronto a sfruttare questa occasione al massimo con la creatività.
Noi pensiamo di essere liberi ma in realtà siamo schiavi di uno schema di vita dettato dalla nostra mente e soprattutto dalla mente collettiva: la società, la condizione umana degli ultimi millenni. Sepolti nel nostro inconscio ci sono milioni di condizionamenti subiti che vengono fuori senza che ce ne accorgiamo.
Ma una volta raggiunta la consapevolezza o almeno un livello accettabile di essa, bisogna davvero abbandonare il mondo?
Qualcosa si , qualcosa no?
Seguire l'istinto, seguire il flusso dell'esistenza ed i suoi segni?...
Spesso ho l'impulso a lasciare soprattutto quello che ritengo poco utile alla mia crescita e quindi alla crescita comune...oggetti e situazioni a cui siamo attaccati ma che il loro distacco creerebbe forse la base della libertà. Allora qualcosa dobbiamo lasciare? Non possiamo continuare a vivere dentro gli schemi del lavoro tutto il giorno per pagare il mutuo e tirare avanti, pagare una buona scuola Forse inutile) ai miei figli, ecc ecc...tutte le cose che facciamo tutti i giorni come robot senza sendercene conto e soprattutto essendo quasi completamente inconsapevoli e solo distrattamente guardando ogni tanto dei meravigliosi eventi di bellezza che l'esistenza ci ripropone.
Intendo dire che siamo CONCENTRATI sulle cose meno importanti e forse che appaiono più URGENTI alla mente mentre non vediamo il nostro CENTRO attraverso cui la bellezza e la gioia della vita sarebbero gratificanti di se stesse, senza fine, senza scopo!
Quindi è necessario un distacco? scappare da tutta questa vita da robot? Cosa devo fare? Scappare dove? Esiste un posto specifico o va bene qualsiasi luogo basta che IO SONO sia collegato al mio centro?
Da ragazzo non so in che libro lessi che libertà significa anche non avere nulla, non possedere nulla: in effetti togliendo questi attaccamenti già ci sentiremmo tutti più leggeri? Per fare ciò è necessario organizzare uno stile di vita diverso da quello odierno, più sganciato dalla ricerca del profitto, dei soldi, dell'accumulo e soprattutto più sganciato dall' ego.
Potessi essre ora di fronte ad un Maestro Zen che mi impone un koan per svegliare con un Satori il mio Essere! Accoglierei le sue bastonate come una benedizione, tanto la vita stessa vissuta inconsapevolmente quante bastonate ci da al giorno?
Satyam Alex Orlandi

giovedì 14 luglio 2011

Il senso del sè e il possesso



Uno dei presupposti dettati dall'inconsapevolezza è che, identificandosi con un oggetto attraverso l'inganno della proprietà, l'apparente solidità e permanenza di quell'oggetto materiale fornirà anche il vostro senso di sé di una maggiore solidità e permanenza. Ciò si riferisce in particolar modo alle case e ancor di più alla terra, proprio perchè credete che sia l'unica cosa che non possa essere distrutta. L'assurdità di possedere qualchecosa diventa ancora più evidente nel caso della terra. Nei giorni della colonizzazione dei bianchi , i nativi del nord america trovavano la proprietà della terra un concetto incomprensibile. Fu così che l'hanno persa quando gli europei fecero firmare loro pezzi di carta che erano altrettanto incomprensibili. Essi sentivano di appartenere alla terra ma che la terra non apparteneva a loro.
L'ego tende ad equiparare l'avere con l'Essere: io ho, dunque sono. E più ho, più sono. L'ego vive attraverso il paragone. Il modo in cui vi vedono gli altri diventa il modo in cui vedete voi stessi. Se ognuno vivesse in una palazzo e fosse ricco, il vostro palazzo e la vostra ricchezza non vi servirebbero ad accrescere il vostro senso del sé. In quel caso vi potreste trasferire in una semplice capanna, dare via la vostra ricchezza e riconquistare la vostra identità considerandovi e venendo considerati più spirituali degli altri. Come siete visti dagli altri diventa lo specchio che vi dice come siete e chi siete. La percezione che l'ego ha della propria importanza è, nella maggioranza dei casi, legata all'importanza che avete agli occhi degli altri. Avete bisogno degli altri per avere un senso del sé e se vivete in una cultura che lo fa equivalere in gran misura con quanto e cosa possedete, se non riuscite a leggere attraverso questa illusione collettiva, sarete condannati a rincorrere il possesso delle cose per il resto della vostra vita nella vana speranza di trovare in esse il valore e la pienezza del vostro senso del sé.
Eckhart Tolle da “Un nuovo mondo” Oscar Editori

domenica 3 luglio 2011

Flash mob: fermiamo il mondo e il tempo !

Abbiamo un'occasione stupenda per fermare il mondo, fermare il tempo.
Buttarci dietro tutto lo stress dei condizionamenti che abbiamo assorbito dalla società, dalle altre persone ora, in questa vita e nel tempo come retaggio umano in milenni.
Fermiamo il tempo per anche poco: basta un' ora, anche mezz'ora.
Cerchiamo un posto, un luogo, uno spazio fisico ove riunirci: tutti trasversalmente di ogni credo , religione o non credo, non importa: solo esseri umani che reclamano una vita da esseri umani!
Flash med, deriva da flash mob:
sedudi in una piazza, un prato, guardando solo se stessi... tutti insieme!
L'energia che si crea è immensa perchè noi siamo produttori di grande energia ma non ne siamo consapevoli.
rendiamo grazie alla madre terra rendendogli l'energia che ci dona ogni giorno...semplicemente insieme con il nostro silenzio.
In tutto il mondo
GIOVEDI 28 LUGLIO ORE 18.00 - 19

anche a Genova : PIAZZA DE FERRARI
https://www.facebook.com/event.php?eid=216074828434696
http://www.medmob.org/


venerdì 1 luglio 2011

La risata




La risata fa affiorare energie latenti nella tua fonte interiore. L’energia inizia a scorrere, segue la risata come un’ombra. Ci hai fatto caso? Quando ridi di gusto, in quei brevi istanti sei in uno stato di profonda meditazione. Il pensiero si arresta. È impossibile ridere e pensare allo stesso tempo. Sono cose diametralmente opposte: puoi o ridere o pensare! Se ridi di gusto, il pensiero si arresta, se ancora pensi, la risata sarà di circostanza, sarà un po’ fredda. Sarà una risata monca.

Quando ridi di gusto, all’improvviso, la mente scompare. A mio avviso, la danza e la risata sono le porte migliori, le più facili e naturali. Se danzi realmente, il pensiero si arresta. Tu prosegui, continui a girare e a girare , e diventi un mulinello… tutti i limiti, tutte le separazioni scompaiono. Non sai neppure dove finisce il tuo corpo e dove abbia inizio l’esistenza. Ti fondi nell’esistenza, e l’esistenza si fonde in te: i confini si sovrappongono gli uni agli altri. E se danzi veramente, senza sforzarti, ma lasciando che la danza ti guidi, ti possegga, se vieni posseduto dalla danza, il pensiero si arresta.

La stessa cosa accade con la risata. Se sei posseduto dalla risata, il pensiero si arresta.

La risata può essere una splendida introduzione a uno stato di non pensiero.

Brani tratti da: "Meditazione: la prima e ultima libertà", Osho, ed. Mediterranee

martedì 14 giugno 2011

martedì 7 giugno 2011

Non perdetevi questo evento : Osho Festival of Joy





Osho The Festival of Joy
7 giorni dal 7 al 13 Giugno

I sette giorni del Festival li abbiamo dedicati ognuno
ad uno stato dell'Essere

Martedi 7 : Il giorno della Gioia
Mercoledi 8 : Il giorno della Danza
Giovedi 9 : Il giorno del Respiro
Venerdi 10 : Il giorno del Canto
Sabato 11 : Il giorno della Fusione
Domenica 12 : Il giorno della Libertà
Lunedi 13 : Il giorno della Gratitudine

Un Festival per ritrovarci e condividere insieme nuove tecniche di meditazione, la musica con nuovi gruppi ed unire la vacanza ed il relax nello splendido camping che ci ospitera’, in pineta e sul mare.
Che dirvi altro, se non invitarvi tutti ad unirvi a noi e fare un tuffo nella meditazione e ritrovarci insieme.

Sara’ un incontro internazionale, verranno amici da tutta Europa.

Promuovete quindi, fin da ora questo imperdibile evento, vorremmo essere in tantissimi.
Potete venire quando volete e per i giorni che potete... sistemandovi in bungalow, oppure camper….roulotte….tenda o in sacco a pelo nello spazio coperto appositamente dedicato.

Nei giorni del Festival potrete partecipare liberamente a tutte le attività organizzate, avere esperienze con tante tecniche di meditazione, frequentare classi di insegnamento di danza,
flauto di bamboo, pittura creativa, ricevere sessioni di benessere psico-fisico, divertirvi alla
sera con concerti e danza e andare al mare o in piscina.


Dove:
Il Camping Paradiso di trova in pineta a 800 mt. dalla spiaggia, raggiungibile
a piedi o con il servizio navetta del camping gratuito oppure noleggiando la bicicletta.
Vi sono spazi per giochi dei bambini, piscina,negozio alimentari, bar, ristorante-pizzeria,
fontane di acqua potabile ed ampio parcheggio.

Camping Paradiso Viale dei Tigli
55049 Viareggio LU
prenotazione camping: tel. 0584 392 005
email: info@campingparadiso.com
www.campingparadisoviareggio.com

Eckhart Tolle: Il potere di Adesso



Eckhart Tolle è emerso come uno degli insegnanti spirituali più originali degli anni recenti. Il suo insegnamento non fa parte di alcuna religione o tradizione, ma nello stesso tempo non esclude nessun percorso. Il suo messaggio enfatizza l’essere nel momento. Qui intervistato da Andrew Cohen.
Andrew Cohen: Eckhart, com’è la tua vita? Ho sentito parlare di te un po’ come di un recluso che trascorre molto tempo in solitudine. È vero?Eckhart Tolle: Questo era vero in passato, prima che fosse pubblicato il mio libro Il potere di adesso.. Per molti anni sono stato un recluso. Dopo l’uscita del libro, però, la mia vita è cambiata drasticamente. Ora insegno e viaggio molto. E le persone che mi conoscevano prima dicono: “È sorprendente. Eri un eremita ed ora sei nel mezzo della società”. Tuttavia, sento che niente è cambiato dentro di me. Mi sento, esattamente, lo stesso di prima. C’è ancora un senso di pace continuo, e mi sono arreso al fatto che a livello esterno c’è stato un cambiamento totale. Così, in realtà, non è più vero che sono un eremita.Ora sono proprio l’opposto di un eremita. Può darsi che questo sia un ciclo. Può pure darsi che ad un certo punto questo finisca e che io ad essere un eremita. Al momento, però, sono arreso al fatto che sono quasi costantemente in uno stato interattivo. Ogni tanto mi prendo del tempo per stare da solo. Tra un insegnamento e l’altro, è necessario.
Andrew Cohen: Perché hai bisogno di stare da solo e cosa accade in quei momenti di solitudine?
Eckhart Tolle: Quando sono con la gente sono un maestro spirituale. Questa è la funzione, ma non è la mia identità. Dal momento che sono da solo, la mia gioia più profonda è nell’essere nessuno, nel lasciare andare la funzione dell’insegnante. È una funzione temporanea. Diciamo che incontro un gruppo di persone. Nel momento in cui se ne vanno, non sono più un maestro spirituale. Non c’è più alcun senso di un’identità esteriore. Semplicemente, entro in modo più profondo nella quiete. Il luogo che amo di più è la quiete. Non che la quiete vada perduta quando parlo o quando insegno, dato che le parole sorgono dalla quiete. Nel momento in cui le persone se ne vanno, però, quello che rimane è solo la quiete. E la amo cosi tanto.
Andrew Cohen: Potresti affermare che la preferisci?
Eckhart Tolle: Non si tratta di preferenza. Nella mia vita, ora, c’è un equilibrio, che probabilmente prima non c’era. Nel momento in cui, molti anni fa, accadde la trasformazione interiore, si sarebbe potuto dire, quasi, che l’equilibrio andò perduto. Era così appagante e così traboccante di beatitudine essere, semplicemente, che avevo perso ogni interesse nel fare o nell’interagire. Per un bel po’ d’anni mi sono perso nell’Essere. Avevo quasi completamente abbandonato il fare, solo quel tanto che bastava per tenermi in vita e perfino quello era un miracolo. Avevo perso ogni interesse nel futuro. E, poi, gradualmente, si è ristabilito un equilibrio. Non si è completamente ristabilito fino a che non ho cominciato a scrivere il libro. Il modo in cui mi sento, ora, è che nella mia vita c’è un equilibrio fra lo stare da solo e l’interagire con le persone, fra l’Essere ed il fare, mentre prima, il fare era stato abbandonato e c’era solo l’Essere. Profondamente beato, meraviglioso! Da un punto di vista esterno, però, molta gente ha pensato che fossi diventato matto o fossi squilibrato. Qualcuno ha pensato che fossi pazzo ad aver lasciato tutte le cose del mondo che avevo “raggiunto”. Non avevano capito, che io non le volevo, che non ne avevo più bisogno.Ora, l’equilibrio, è fra la solitudine e l’incontro con le persone. E va bene così. Sto piuttosto attento che l’equilibrio non vada perduto. Al momento è presente una tendenza all’aumento del fare. Le persone mi vogliono a parlare di qui o di là, ci sono richieste continue. So che, ora, devo fare attenzione, affinché non vada perso l’equilibrio e a non perdermi nel fare. Non credo che potrebbe mai accadere, ma richiede una certa dose di vigilanza.
Andrew Cohen: Cosa significherebbe perdersi nel fare?
Eckhart Tolle: In teoria significherebbe che, continuamente, viaggerei, insegnerei e sarei in contatto con la gente. Se questo accadesse, forse, ad un certo punto il flusso, la quiete, potrebbero non esserci più. Oppure potrebbero esserci sempre, non lo so. Oppure potrebbe insorgere una spossatezza fisica. Ora, però, sento che ho bisogno di tornare periodicamente alla pura quiete. E anche quando avviene l’insegnamento, lascio proprio che sorga dalla quiete. Di conseguenza l’insegnamento e la quiete sono strettamente connessi. L’insegnamento sorge dalla quiete. Dal momento in cui sono solo, però, c’è solo la quiete e questo è il mio luogo favorito.
Andrew Cohen: Quando sei da solo, passi molto tempo stando fisicamente fermo?Eckhart Tolle: Sì, a volte posso stare seduto per due ore in una stanza quasi senza alcun pensiero. Solo in completa quiete. A volte, quando vado a passeggiare, anche allora vi è una quiete completa, senza attribuire mentalmente dei nomi alle percezioni dei sensi. C’è semplicemente un senso di profonda maestosità o di meraviglia o di apertura, e questo è magnifico.
Andrew Cohen: Nel tuo libro Il potere di adesso affermi che “lo scopo definitivo del mondo non sta nel mondo, ma nella sua trascendenza”. Puoi spiegare, per favore, cosa significa?
Eckhart Tolle: Trascendere il mondo non vuol dire ritirarsi, non intraprendere più azioni o smettere di interagire con le persone. La trascendenza del mondo è agire ed interagire senza ricercare se stessi. In altre parole significa agire senza cercare di rafforzare il proprio senso di sé attraverso le proprie azioni o i propri contatti con le persone. Alla fin fine vuol dire non aver più bisogno del futuro per la propria realizzazione oppure per un senso del sé o dell’essere. Non c’è più un ricercare attraverso il fare, un ricercare, nel mondo, un senso di un sé più forte, più appagato o più grande. Quando non c’è più questo ricercare, allora puoi essere nel mondo, ma non del mondo. Non sei più alla ricerca di qualcosa con cui identificarti, là fuori.
Andrew Cohen: Intendi che uno ha rinunciato ad una relazione egocentrica e materialista con il mondo?
Eckhart Tolle: Sì, significa smettere di cercare per ottenere un senso del sé, un senso del sé più profondo o migliore. Dato che, nello stato normale di coscienza, quello che le persone cercano, attraverso le loro attività, è di essere più completamente se stesse. Il rapinatore di banche sta in qualche modo cercando questo. Pure la persona che si sta sforzando di raggiungere l’illuminazione, sta cercando questo, poiché sta cercando di ottenere, in un qualche momento nel futuro, uno stato di perfezione, una condizione di completamento, uno stato di completezza. C’è un tentativo di ottenere qualcosa attraverso le proprie attività. Stanno cercando la felicità ma fondamentalmente stanno cercando se stessi, o puoi dire Dio, in realtà è lo stesso. Stanno cercando se stessi e cercano Ia dove non potrà mai essere trovato, nel normale, non illuminato stato di coscienza, perché lo stato non illuminato di coscienza utilizza sempre la modalità del ricercare. Questo significa che essi sono del mondo - nel mondo e del mondo.
Andrew Cohen: Vuoi dire che stanno guardando avanti, nel tempo.
Eckhart Tolle: Sì. Il mondo ed il tempo sono intrinsecamente connessi. Quando cessa la ricerca del sé nel tempo, allora puoi essere nel mondo senza essere del mondo.
Andrew Cohen: Ma cosa intendi esattamente quando dici che lo scopo del mondo sta nel trascenderlo?
Eckhart Tolle: Il mondo, in qualche modo promette una realizzazione nel tempo, e c’è uno sforzarsi per quella realizzazione, nel tempo. Molte volte le persone percepiscono: “Sì, ora sono proprio arrivato”. E poi si rendono conto che non è vero, non sono ancora arrivati e quindi lo sforzo continua. Viene espresso in modo molto bello nel “A Course in Miracles” (Un corso in miracoli, Armenia, Milano, 1999.) quando si dice che il principio dell’ego è “cercare ma non trovare”. Le persone si rivolgono al futuro cercando la salvezza, ma il futuro non giunge mai.Così, in effetti, la sofferenza ha origine in questo: nel non trovare. Ed è l’inizio di un risveglio, quando si profila la realizzazione che “forse questo non è il modo. Forse non arriverò mai dove mi sto sforzando di arrivare, forse non si trova nel futuro”. Dopo essersi perduti nel mondo, improvvisamente, sotto la pressione della sofferenza, si giunge alla realizzazione che le risposte è possibile che non si trovino al di fuori, nei risultati mondani e nel futuro.Questo è, per molte persone, un punto importante da raggiungere. Questo senso di crisi profonda, nella quale il mondo ed il senso del sé che hanno conosciuto ed identificato con il mondo, perde di significato. Questo è ciò che mi accadde. Ero proprio sull’orlo del suicidio e poi successe qualcos’altro: una morte del mio senso del sé che viveva attraverso le identificazioni, le identificazioni con la mia storia, con le cose intorno a me, con il mondo.Qualcosa nacque, in quel momento, che aveva un senso di profonda ed intensa quiete e di vitalità, un senso dell’essere. Successivamente l’ho chiamata Presenza. Ho compreso, al di là delle parole, che quello è ciò che io sono. Questa comprensione, però, non era un processo mentale. Ho compreso che questa profonda quiete viva e vibrante è ciò che io sono.Anni dopo, ho compreso che potremmo chiamarla “pura coscienza”, mentre qualsiasi altra cosa è la coscienza condizionata. La mente umana è la coscienza condizionata che ha acquisito la forma del pensiero. La coscienza condizionata è l’intero mondo creato dalla mente condizionata. Tutto quanto è la nostra coscienza condizionata; persino gli oggetti lo sono. La coscienza condizionata nasce come forma e poi diventa il mondo. Così, perdersi nel condizionato, sembra necessario per gli esseri umani. Sembra parte del loro cammino perdersi nel mondo, perdersi nella mente, che è la coscienza condizionata.Poi, grazie alla sofferenza, generata dall’essersi perduti, tu trovi l’incondizionato: te stesso. E questo è il motivo per cui abbiamo bisogno del mondo per trascendere il mondo. Di conseguenza sono infinitamente grato di essermi perduto.Alla fin fine, lo scopo del mondo per te, è di perdertici dentro. Lo scopo del mondo per te è di soffrire, di creare la sofferenza che sembra essere ciò che è necessario affinché avvenga il risveglio. E poi una volta che avviene il risveglio, con quello arriva la comprensione che la sofferenza, ora, non è più necessaria. Sei giunto alla fine della sofferenza perché hai trasceso il mondo. Hai raggiunto il luogo che è libero da sofferenza.Sembra essere il cammino di tutti. Forse non è il cammino di tutti in questa vita. Sembra essere, però, un cammino universale. Credo che alla fine ci arriveranno tutti, anche senza un insegnamento spirituale o un insegnante spirituale. In questo caso, però, potrebbe prendere del tempo.
Andrew Cohen: Molto tempo…
Eckhart Tolle: Molto di più. Un maestro spirituale è li per risparmiare tempo. Il messaggio di base dell’insegnamento è che non hai bisogno ancora di altro tempo, che non hai più bisogno di nessuna sofferenza. Lo dico alle persone che vengono da me: “Dal momento che lo stai ascoltando, sei pronto a sentirtelo dire. Ci sono ancora milioni di persone là fuori che non lo ascoltano. Hanno ancora bisogno di tempo. Ma non sto parlando a loro. Tu puoi sentirti dire che non hai più bisogno di tempo e che non hai più bisogno di soffrire. Sei andato cercando nel tempo e sei andato cercando ulteriore sofferenza”. E, improvvisamente, per qualcuno, sentirsi dire che non ha più bisogno di ciò, può essere un momento di trasformazione.Quindi la bellezza dell’insegnamento spirituale è che ti fa risparmiare vite di…
Andrew Cohen: Sofferenza inutile.
Eckhart Tolle: Sì, così è bene che le persone siano perse nel mondo. Mi piace molto andare a New York ed a Los Angeles, dove sembra che le persone siano totalmente coinvolte. A New York stavo guardando fuori dalla finestra. Stavamo facendo un gruppo d’incontro vicino all’Empire State Building. E tutti per strada andavano di fretta, quasi correndo. Tutti sembravano essere in uno stato d’intensa tensione nervosa, d’ansietà. In realtà è uno stato di sofferenza, ma non viene riconosciuto come tale. E ho pensato: dov’è che stanno correndo tutti? E ovviamente tutti stanno correndo verso il futuro. Hanno bisogno di andare da qualche parte, che non è qui. È un punto nel tempo: non ora, nel poi. Stanno correndo verso un poi. Stanno soffrendo, ma neanche si rendono conto. Ma per me guardare a questo è stato gioioso. Non ho sentito di dire: “Dovrebbero rendersi conto meglio”. Sono sul loro percorso spirituale. Al momento, questo è il loro cammino spirituale, e funziona benissimo.
Andrew Cohen: Spesso la parola “illuminazione” è interpretata come la fine della divisione all’interno del sé e la scoperta simultanea di una prospettiva o di un modo di vedere globale, completo o libero dalla dualità. Coloro che hanno sperimentato questa prospettiva sostengono che la realizzazione definitiva è che non c’è differenza fra il mondo e Dio o l’Assoluto, fra il samsara ed il nirvana, fra il manifesto e il non-manifesto. Ma altri sostengono che, di fatto, la realizzazione definitiva è che il mondo in realtà non esiste per niente, che il mondo è solo un’illusione, senza alcun senso, significato o realtà. Nella tua esperienza, il mondo è reale? È irreale? È entrambi?
Eckhart Tolle: Anche quando interagisco con le persone o sto passeggiando in una città, sbrigando delle cose ordinarie, la maniera in cui percepisco il mondo è: piccole increspature sulla superficie dell’Essere. Al di sotto del mondo della percezione dei sensi e quello delI’attività mentale, c’è la vastità delI’Essere. C’è un’ampia spaziosità. C’è una vasta quiete e c’è una piccola attività, un’increspatura sulla superficie, che non è separata, proprio come le increspature non sono separate dall’oceano. Il modo in cui lo percepisco, è che non c’è separazione. Non c’è separazione fra l’Essere ed il mondo manifesto, fra il manifesto ed il non-manifesto. Ma il non-manifesto è tanto più vasto, più profondo e più grande di quello che accade nel manifesto. Qualsiasi fenomeno del manifesto ha una vita così breve e così fugace che, sì, si potrebbe quasi affermare che dal punto di vista del non-manifesto - I’Essere senza tempo o Presenza - tutto quello che avviene nel regno del manifesto in realtà sembra come un gioco d’ombre. Sembra come vapore o nebbia in cui nuove forme continuamente sorgono e scompaiono, sorgono e scompaiono. Così per chi è profondamente radicato nel non-manifesto, il manifesto può essere chiamato molto facilmente irreale. Io non lo chiamo irreale, perché non lo vedo separato.Andrew Cohen: É reale quindi?
Eckhart Tolle: Tutto ciò che è reale è l’essere stesso. La Coscienza è tutto quello che c’è. Pura Coscienza.
Andrew Cohen: Intendi che la definizione di “reale” sarebbe ciò che è libero da nascita e morte?
Eckhart Tolle: Sì, è cosi.
Andrew Cohen: Di conseguenza solo ciò che non è mai nato e che non può morire sarebbe reale. E dato che, secondo quello che dici, il mondo manifesto non è separato dal non-manifesto, alla fine uno dovrebbe dire che il mondo manifesto è reale.
Eckhart Tolle: Sì. Ed anche che dentro ogni forma che è soggetta a nascita e morte, c’è l’assenza di morte. L’essenza di ogni forma è l’assenza di morte. Perfino l’essenza di un filo d’erba è assenza di morte. Ed ecco perché il mondo delle forme è sacro. Non è che il regno del sacro sia esclusivamente l’Essere o il non-manifesto. Io vedo come sacro anche il mondo delle forme.
Andrew Cohen: Se qualcuno ti chiedesse semplicemente: “Il mondo è reale o irreale?”, risponderesti che è reale o dovresti specificare l’affermazione?
Eckhart Tolle: Probabilmente specificherei l’affermazione.
Andrew Cohen: Dicendo cosa?
Eckhart Tolle: Che è una manifestazione temporanea del reale.
Andrew Cohen: Se il mondo è una manifestazione temporanea del reale, qual è la relazione dell’illuminato con il mondo?
Eckhart Tolle: Per un non illuminato, il mondo è tutto quel che c’è. Non c’è nient’altro. Questo modo di essere della coscienza legata al tempo dipende, per la sua esistenza, dal passato e ha disperatamente bisogno del mondo per la sua felicità e soddisfazione. Di conseguenza per la coscienza non illuminata, il mondo contiene un’enorme promessa ed allo stesso tempo un’alta minaccia. Questo è il dilemma di una coscienza non illuminata, combattuta fra il cercare la realizzazione nel e attraverso il mondo, e sentirsi da quello stesso mondo, continuamente minacciata. Sperano di trovare se stessi nel mondo e nello stesso tempo sanno che il mondo li ucciderà. Questo è lo stato di continuo conflitto a cui è condannata la coscienza non illuminata, I’essere combattuta continuamente fra il desiderio e la paura. È un destino spaventoso.La coscienza illuminata è radicata nel non-manifesto ed essenzialmente è una con questo. Sa di essere quello. Si potrebbe quasi dire che è il non-manifesto che guarda fuori. Anche con una semplice cosa, come il percepire visivamente una forma - un fiore o un albero - se lo percepisci in uno stato di totale attenzione e di profonda quiete, libero dal passato e dal futuro, in quel momento c’è già il non-manifesto. In quel momento non sei più una persona. Il non-manifesto percepisce se stesso nelle forme. E, in quella percezione c’è sempre un senso di benessere.Allora ogni azione che si origina da quello ha una qualità completamente diversa dall’azione che invece si origina dalla coscienza non illuminata, che ha bisogno di qualcosa e cerca di proteggere se stessa. Qui è dove, realmente, compaiono quelle qualità intangibili e preziose che chiamiamo amore, gioia e pace. Esse sono un tutt’uno con il non-manifesto. Hanno origine da quello. Un essere umano che vive in connessione con questo e da questo agisce ed interagisce, diviene una benedizione sul pianeta. Mentre un essere umano non illuminato, è molto gravoso per il pianeta. C’è della pesantezza sulla coscienza non illuminata. E, il pianeta soffre per la presenza di milioni d’esseri umani non illuminati. Il carico sul pianeta è fin quasi troppo da reggere. Qualche volta ho come la sensazione che il pianeta dica: “Oh basta, per favore!”.
Andrew Cohen: Incoraggi le persone a meditare, quello che tu chiami “riposare nella Presenza dell’Adesso”, il più possibile. Credi che una pratica spirituale possa mai diventare veramente profonda ed avere il potere di liberazione a meno che uno non abbia già rinunciato al mondo, almeno fino ad un certo livello?
Eckhart Tolle: Non direi che la pratica in sé abbia il potere di liberare. È soltanto quando c’è una completa resa all’Adesso, a quello che è, che è possibile la liberazione. Non credo che una pratica possa portarti ad una completa resa. Una resa totale di solito avviene vivendo. La vita stessa è il terreno dove questo avviene. Può essere che ci sia una resa parziale e di conseguenza un’apertura, e poi puoi iniziare delle pratiche spirituali. Ma sia che la pratica spirituale abbia inizio ad un certo grado di comprensione o che la pratica spirituale avvenga di per sé, la pratica da sola non basterà.
Andrew Cohen: Qualcosa che ho potuto vedere nel mio stesso lavoro di insegnante, è che, a meno che non si sia visto il mondo fino ad un certo livello, ed a meno che non ci sia una volontà di lasciarlo andare, basata su ciò che si è visto, I’esperienza spirituale, non importa quanto sia forte, non ti porterà a nessun tipo di liberazione.
Eckhart Tolle: Sì, è vero, e la volontà di lasciar andare è l’arrendersi. La chiave resta questa. In sua assenza, non importa quanta pratica si è fatta o perfino quante esperienze spirituali si sono avute, non succederà.
Andrew Cohen: Sì, molte persone dicono di voler meditare o fare delle pratiche spirituali, ma le loro aspirazioni spirituali non sono fondate sulla volontà di lasciar andare niente di sostanziale.
Eckhart Tolle: No, in realtà può essere proprio l’opposto. La pratica spirituale può essere una maniera per cercare di trovare qualcosa di nuovo con cui identificarsi.
Andrew Cohen: Alla fine intenderesti dire che la vera pratica spirituale o la vera esperienza spirituale hanno il senso di condurci a lasciare andare il mondo, alla trascendenza del mondo, all’abbandono dell’attaccamento al mondo?
Eckhart Tolle: Sì. Qualche volta le persone chiedono: “Come si arriva a questo? Sembra meraviglioso, ma come si arriva a questo?”. In termini di concretezza, alla base, significa semplicemente dire “sì” a questo momento. Questo è lo stato dell’arrendersi: un “sì” totale a ciò che è. Non il “no” interiore a ciò che è. E il “sì” totale a ciò che è, è la trascendenza del mondo. È così semplice, una totale apertura a qualsiasi cosa si manifesti in questo momento. Lo stato usuale di coscienza è quello di resistere, di scappar via, di negare, di non guardare ciò che è.
Andrew Cohen: Quindi, quando dici: un “sì” a ciò che è, vuoi dire di non evitare niente e di affrontare ogni cosa?
Eckhart Tolle: Giusto. Il dare il benvenuto a questo momento, I’abbracciare questo momento, questo è lo stato dell’arrendersi. In verità è tutto quello che è necessario. La sola differenza fra un Maestro e un non Maestro, è che il Maestro abbraccia ciò che è, totalmente. Dal momento in cui non c’è resistenza a ciò che è, allora arriva la pace. Il portale è aperto, il non manifesto è presente. Questa è la via più potente. Non si può chiamarla pratica perché non coinvolge il tempo.Andrew Cohen: Secondo la maggior parte della gente coinvolta nell’esplosione spirituale dell’incontro tra est e ovest, che accade sempre più rapidamente in questo periodo, sia Gautama il Buddha sia Ramana Maharshi – uno dei Vedanta più rispettati dell’era moderna – emergono come esempi impareggiabili di illuminazione piena, e nonostante ciò, è interessante notare, a proposito della domanda sulla giusta relazione con il mondo dell’aspirante spirituale, che i loro insegnamenti divergono in modo sostanziale.
Il Buddha, colui che rinuncia al mondo, incoraggiava i più onesti a lasciare il mondo e a seguirlo in modo da vivere una vita santa, liberi dagli affanni e dalle preoccupazioni della vita familiare. Ramana Maharshi sconsigliò i suoi discepoli a lasciare la vita familiare per andare in cerca di una concentrazione spirituale più grande e più intensa. Infatti sconsigliò ogni atto esteriore di rinuncia e invece incoraggiò l’aspirante a guardarsi dentro e a trovare il motivo dell’ignoranza e della sofferenza al suo interno. Infatti molti, nel crescente numero dei suoi devoti, oggi dicono che il desiderio di rinuncia è in realtà un’espressione dell’ego, quella stessa parte del sé che intendiamo abbandonare se vogliamo essere liberi. Naturalmente il Buddha dette molta importanza alla necessità della rinuncia, del distacco, della diligenza e della limitazione come le stesse fondamenta su cui può sorgere un’introspezione liberatoria.
Perciò, perché pensi che le vie di questi due luminari spirituali divergano così tanto? Perché pensi che Buddha incoraggiasse i suoi discepoli a lasciare il mondo mentre Ramana Maharshi li incoraggiava a restarvi?
Eckhart Tolle: Non c’è soltanto una via. Epoche differenti hanno determinati approcci che possono essere efficaci per una certa epoca e non esserlo più per un’altra. Il mondo in cui viviamo ha in sé una densità molto maggiore, è molto più invadente. E quando dico mondo, includo in esso la mente umana. La mente umana è cresciuta dal tempo di Buddha, da 2500 anni fa. La mente umana è più rumorosa e più invadente ad un livello profondo e gli ego sono più sviluppati. In queste migliaia d’anni, c’è stata una crescita dell’ego che sta toccando un punto di follia, e l’estrema follia è stata raggiunta nel ventesimo secolo. Basta solo leggere la storia del ventesimo secolo per vedere il culmine della follia umana, se lo si misura in termini di violenza umana inflitta ad altri esseri umani.Così, nel mondo d’oggi, non possiamo più evitare il mondo, non possiamo neppure più evitare la mente. Abbiamo bisogno di entrare nella resa mentre siamo nel mondo. Questo sembra essere il cammino effettivo nel mondo in cui adesso viviamo. Può darsi che al tempo di Buddha ritirarsi fosse molto, ma molto più facile di quello che potrebbe essere ora. A quel tempo, la mente umana non era ancora così opprimente.Andrew Cohen: Ma il motivo per cui il Buddha predicava di intraprendere una vita senza dimora, fu perché sentiva che quella domestica era piena di preoccupazioni, attenzioni e interessi, e che, in quel contesto, sarebbe stato difficile fare ciò che era necessario per vivere una vita santa. Quindi, riguardo a ciò che affermi sul rumore e sulla distrazione del mondo, questo era esattamente quello che lui intendeva ed il perché lui stesso ha condotto una vita senza dimora, incoraggiando anche gli altri a fare lo stesso.
Eckhart Tolle: Bene, avrà avuto le sue ragioni, ma, in definitiva, noi non sappiamo perché Buddha pose l’enfasi sul lasciare il mondo invece di dire, come ha detto Ramana Maharshi: “Fallo nel mondo”. Mi sembra, però, da quanto ho osservato, che la via più efficace ora per le persone sia quella d’arrendersi nel mondo, invece di tentare di distaccarsene, creando una struttura che renda più facile l’arrendersi. C’è già una contraddizione in questo perché stai creando una struttura per rendere più facile la resa. Perché non arrendersi ora? Non avete bisogno di creare qualcosa che renda più facile la resa, perché in questo caso non è più un vero arrendersi. Sono stato nei monasteri buddisti, e posso vedere come sia facile lasciare il nome ed adottarne uno nuovo, rasarsi la testa ed indossare tuniche.
Andrew Cohen: Vuoi dire che è stato lasciato un mondo per un altro. Un’identificazione è stata abbandonata per lasciar posto ad un’altra; un ruolo è caduto e ne è stato assunto un altro. Niente è stato realmente abbandonato.
Eckhart Tolle: Giusto. Perciò, fallo dove sei, proprio qui, proprio adesso. Non c’è bisogno di cercare qualche altro posto o qualche altra condizione o situazione e poi farlo lì. Fallo proprio qui e ora. Dovunque tu sia è il posto per arrendersi. Qualsiasi sia la situazione in cui sei, puoi dire “si” a ciò che è, e questa è poi la base per tutte le azioni che seguono.
Andrew Cohen: Ci sono oggi molti insegnanti e altrettanti insegnamenti che spiegano come il desiderio stesso di rinunciare al mondo sia un’espressione dell’ego. Qual è la tua visione?
Eckhart Tolle: Il desiderio di rinunciare al mondo è ancora una volta il desiderio di raggiungere un certo stato che, ora, non hai. C’è una proiezione mentale di uno stato desiderabile da raggiungere: lo stato di rinuncia. È una ricerca di sé nel futuro. In questo senso è ego. La vera rinuncia non è il desiderio di rinunciare, ma si manifesta come una resa. Non puoi avere il desiderio di arrenderti perché quello stesso desiderio è non-resa. Qualche volta l’arrendersi sorge spontaneamente in persone che non hanno neppure il termine per definirlo. E so che, ora, in molte persone, c’è già I’apertura. Tante persone che vengono da me, hanno una vasta apertura, che qualche volta richiede soltanto poche parole per provocare un assaggio, un barlume della resa, che può non essere duratura, ma l’apertura è presente.
Andrew Cohen: Cosa ne pensi del richiamo spontaneo del cuore a lasciare tutto ciò che è falso ed illusorio, tutto ciò che è basato sulla relazione materialistica dell’ego verso la vita? Per esempio, quando il Buddha decise: “Devo lasciare la mia casa” – sarebbe probabilmente difficile dire che fu un desiderio egoistico, osservando i risultati. E Gesù disse: “Vieni e seguimi. Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti”.
Eckhart Tolle: Questo è riconoscere il falso come falso, che è principalmente qualcosa di interiore – riconoscere le false identificazioni, riconoscere il rumore mentale, e vedere la falsità di quella che è stata l’identificazione con immagini mentali come l’entità di un “me”. Questo riconoscere è stupendo. Poi l’azione può sorgere dal riconoscimento del falso, forse puoi vedere il falso riflesso nelle circostanze della tua vita e puoi allora lasciartelo alle spalle – oppure no. Il riconoscere e l’abbandonare tutto ciò che è falso e illusorio è prima di tutto un processo interiore.
Andrew Cohen: Questi due tipi, il Buddha e Gesù, sarebbero esempi di potenti manifestazioni esteriori di quel riconoscimento interiore.
Eckhart Tolle: Giusto. Non c’è modo di prevedere ciò che accadrà come conseguenza di quel riconoscimento interiore. Nel caso del Buddha, ovviamente, accadde perché era già adulto quando all’improvviso realizzò che gli esseri umani muoiono, si ammalano ed invecchiano. Questa presa di coscienza fu così potente che si guardò dentro e affermò che niente ha significato se quello è tutto ciò che esiste.
Andrew Cohen: Poi, però, dovette lasciare, abbandonare il regno. Da un certo punto di vista avrebbe potuto dire: “Tutto è qui ora, e ciò che devo fare è arrendermi senza condizioni qui e ora”. Quindi credo che il risultato avrebbe potuto essere completamente diverso, magari avrebbe potuto essere un re illuminato!
Eckhart Tolle: Ma, a quel punto non sapeva che tutto ciò che era necessario fare era arrendersi.Andrew Cohen: Tuttavia, quando Gesù invitò i pescatori a lasciare le loro famiglie e il loro tipo di vita per seguirlo e, in modo simile, quando il Buddha passava di città in città e invitava gli uomini a lasciare ogni cosa, il loro arrendersi si dimostrò nella partenza vera e propria, nel dire “si” a Gesù o al Buddha e abbandonare i loro affetti mondani. Ovviamente ci sarebbero stati anche i loro affetti interiori da abbandonare. In questi casi, il lasciar andare non era solo una metafora per la trascendenza interiore; significava anche, letteralmente, lasciar andare tutto.
Eckhart Tolle: Per alcuni è parte del cammino. Possono lasciare i loro posti abituali o le attività, ma ciò che cambia è chiedersi se hanno già visto dentro loro stessi il falso. Se non l’hanno visto, il lasciar andare sul piano esteriore sarebbe una forma mascherata di ricerca di sé.
Andrew Cohen: Con la mia ultima domanda vorrei chiederti a proposito della relazione tra la tua comprensione dell’illuminazione, o l’esperienza di consapevolezza non duale, e l’impegno col mondo.Nel Giudaismo, l’impegnarsi completamente nel mondo e nella vita umana è visto come l’esaudirsi della chiamata religiosa. Dicono, infatti, che è solo vivendo totalmente i comandamenti che il potenziale spirituale della razza umana può manifestarsi sulla terra. Lo studioso ebraico David Ariel scrive: “Noi concludiamo il lavoro della creazione…Dio ha ancora bisogno del nostro aiuto perché solo noi possiamo perfezionare il mondo”.Molti insegnamenti illuminati, o non duali, come il tuo, enfatizzano l’illuminazione dell’individuo. La trascendenza del mondo sembra essere la cosa importante. I nostri fratelli ebrei sembra ci invitino a qualcosa di molto diverso – la spiritualizzazione del mondo attraverso la partecipazione totale e devota dell’uomo e della donna nel mondo. É vero che gli insegnamenti riguardanti l’illuminazione non duale privano il mondo della nostra totale partecipazione nei suoi confronti? È la nozione stessa di trascendenza che depriva il mondo dalla realizzazione del nostro potenziale di renderlo spirito in quanto figli di Dio?
Eckhart Tolle: No, perché la giusta azione può scaturire solo da tale stato di trascendenza del mondo. Ogni altra attività è indotta dall’ego, e perfino il fare del bene, se indotto dall’ego, avrà delle conseguenze karmiche. ”Indotta dall’ego” significa che c’è un motivo conseguente. Per esempio, se il sentirti più spirituale migliora la tua propria immagine; o un altro esempio sarebbe attendersi una ricompensa futura in un’altra vita o in paradiso. Perciò se ci sono motivazioni conseguenti, non è pura. Se non c’è stata la trascendenza del mondo, nelle tue azioni non può fluire il vero amore, perché non sei connesso con il regno dal quale sorge l’amore.
Andrew Cohen: Intendi dire un’azione pura, non macchiata dall’ego?
Eckhart Tolle: Sì, in ordine d’importanza. Prima viene la realizzazione e la liberazione, poi da queste lasci fluire l’azione – e sarà pura, immacolata, priva di karma. Altrimenti, non importa quanto siano elevati i tuoi ideali, rafforzeranno l’ego attraverso le buone azioni. Sfortunamente, non puoi soddisfare i comandamenti a meno che tu sia senza ego – e molto pochi lo sono – come hanno scoperto tutti quelli che hanno cercato di praticare gli insegnamenti di Cristo. “Ama il prossimo tuo come te stesso” è uno degli insegnamenti più importanti di Gesù, e non puoi seguire quel comandamento, non importa quanto ci provi, se non sai chi sei al livello più profondo. Ama il tuo prossimo come te stesso significa che il tuo prossimo sei tu, e quel riconoscimento di unità è amore.
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